Secondo la Cassazione (sentenza n. 33499/2019) la condotta costituisce comunque interferenza illecita nella vita privata.

Nessuna responsabilità penale per i detective assoldati dalla moglie gelosa se manca l’inserimento di un canale di trasmissione.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione, sez. V penale, 24 luglio 2019, n. 33499.

Il caso

Nella fattispecie, gli investigatori privati assoldati dalla moglie avevano piazzato una microspia ed un GPS all’interno dell’auto del marito, con la conseguenza che la loro condotta era qualificabile solo come interferenza illecita nella vita privata e non come una intercettazione abusiva a carico del soggetto presunto infedele. La conseguenza è di notevole portata se si considera che il reato risulta punibile solo a querela di parte, mai presentata dalla parte offesa.

La decisione

È da escludere, secondo gli ermellini, il reato di cui all’art. 617-bis c.p., in quanto manca l’illecito inserimento di un canale riservato tra soggetti diversi. Infatti, mediante l’inserimento di una microspia e di un GPS nell’auto dell’uomo, i detective privati erano in grado di riferire alla donna gli spostamenti del marito ed anche le persone che egli frequentava, potendo sentire le conversazioni che avvenivano all’interno dell’abitacolo dell’automobile.

Ma si tratta di una mera intercettazione ambientale, sebbene illecita.

L’art. 617-bis c.p., rappresenta una tutela anticipata alla libertà ed alla segretezza delle comunicazioni telefoniche e telegrafiche intercorrenti tra soggetti terzi. L’art. 623 c.p., volto ad evitare per quanto possibile vuoti di tutela derivante dal costante sviluppo dei mezzi tecnologici, ha comportato l’estensione dell’ambito di operatività della disposizione di cui sopra ai fatti concernenti qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini o dati.

Sebbene ne sia derivato un ampliamento delle potenzialità applicative della norma incriminatrice, la protezione fornita dalla medesima è limitata alle comunicazioni che avvengono a “distanza” tra soggetti, non potendo includersi le conversazioni tra presenti oggetto di intercettazione ambientale, a meno di non ricorrere nell’analogia in malam partem.

La Suprema Corte condivide l’orientamento giurisprudenziale dominante che nega la riconducibilità all’art. 617-bis c.p., di condotte, quali l’installazione all’interno di un’automobile di una microspia tale da intercettare solo le conversazioni intrattenute dai soggetti i quali si trovino nel veicolo (Cass. pen., Sez. V, 16 dicembre 2015, n. 4264), non idonee a comportare l’illecito inserimento in un canale di comunicazione riservato tra persone diverse, da cui l’agente sarebbe stato altrimenti escluso.

Gli imputati, quindi, sono stati prosciolti, posto che il fatto ritenuto sussistente, ovvero l’interferenza illecita nella vita privata, è procedibile esclusivamente a querela di parte e questa non era mai stata presentata dalla persona offesa.

FONTE: https://www.altalex.com/documents/news/2019/08/22/microspia-auto-marito-no-intercettazione-abusiva